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Omaggio a Bertolucci: l’incontro tra Oriente e Occidente nel suo “L’Ultimo Imperatore"

Aggiornamento: 10 feb 2021

di Silvia Conticelli


Bernardo Bertolucci è stato uno dei più grandi registi italiani contemporanei, acclamato da molti e tacciato di esuberante manierismo da altri, ma indiscutibilmente inserito tra i personaggi chiave della cinematografia nostrana. Nonostante il suo nome sia legato a doppio filo alle scene di violenta e cruda carnalità di “Ultimo Tango a Parigi”, sarebbe un grave errore sottovalutare l’importanza di una pellicola che ha decretato l’ingresso del lontano Oriente sui nostri schermi, “L’Ultimo Imperatore”. Il kolossal del 1987 porta in scena la sorte malinconica di Pu Yi, ultimo custode della tradizione imperiale cinese, spazzato via dall’incedere impetuoso delle istanze (pseudo) repubblicane del primo maoismo.


Bertolucci ricostruisce abilmente la storia di un imperatore estremamente affascinato dagli oggetti e dalle movenze di un Occidente che rappresenta la novità, il progresso, così lontano da quella Cina che sta per rinnegare i lunghi anni del fasto imperiale attraverso le ben note campagne di distruzione del “vecchio regno”.

Nel film l’Occidente veste i panni di Reginald Johnston – magistralmente interpretato da Peter O’Toole – primo tutore di Pu Yi, che asseconda le velleità del giovane regnante, impartendogli lezioni di francese e inglese e tentando di allontanarlo dall’aria insalubre dell’ambiente di corte. Non è un caso che Mr Johnston fosse inviso alla gran parte dei cortigiani, non solo per il suo essere un deciso sostenitore del desiderio del sovrano di fuggire dalle imponenti mura della Città Proibita, ma anche per il suo ruolo di consigliere politico di Pu Yi.


Il rapporto dicotomico tra i due può facilmente trasformarsi in una metafora della Cina attuale e del modo peculiare in cui essa guarda all’Occidente. Per la Terra del Dragone “l’Ovest” rappresenta, o più precisamente ha rappresentato durante il grande sviluppo cinese degli ultimi anni, un modello a cui guardare, ma, allo stesso tempo, da cui prendere chiaramente le distanze per non tradire la propria anima e quelle caratteristiche che, ancora adesso, definiscono i contorni della cultura cinese.


Bertolucci ha avuto il grande merito di portare sul grande schermo un universo che ora conosciamo, – o meglio crediamo di conoscere e il caso “Dolce & Gabbana” ne è la dimostrazione – ma che negli anni ’80 era ancora genericamente indicato come quel lontano Oriente dove solo i più audaci avevano osato mettere piede.

Dunque non possiamo far altro che ringraziare un grande maestro ed omaggiarlo così, a modo nostro, con un articolo che ne ricorda la grande lungimiranza avuta nel dar voce ad un Paese che, a trent’anni dall’uscita del film, ha assunto un ruolo da protagonista nel sistema degli equilibri globali.


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Una scena dal film “L’Ultimo Imperatore” [Photocredits: Web]

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